venerdì 16 novembre 2007

MICCICHE':"Dopo 50 anni di strafottenza ora è tempo di un patto per il Sud"


Scritto da Anna Traverniti tratto da www.clandestinoweb.com
martedì 13 novembre 2007
13 Nov. - INTERVISTA di Anna Taverniti - Dopo aver incontrato Rizzo, Chiamparino e Di Pietro, e dopo l’intervento di Capezzone, il Clandestinoweb intervista in esclusiva Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, tra i promotori della nascita di Forza Italia sin dal ’94, sottosegretario di Stato al ministero dei Trasporti, viceministro dell’Economia e delle finanze con delega allo Sviluppo economico del Mezzogiorno, ministro per lo Sviluppo e la coesione territoriale del secondo governo Berlusconi nel 2005, e blogger affermato con il suo www.gianfrancomicciche.net.
D. Presidente Miccichè, nel suo intervento alla Convention dei Circoli del Buon Governo di Marcello Dell’Utri, Lei ha affermato che l’esistenza della Lega Nord non può non essere riequilibrata al Sud, e che sarebbe auspicabile la nascita di un’altra Lega, questa volta per la Sicilia che, in qualche modo, possa dare gli stessi benefici ed abbia lo stesso valore che la Lega Nord ha avuto nello sviluppo del Veneto. In cosa consiste la sua idea?
R. La mia analisi parte da un concetto importante, e cioè che per la tutela degli interessi territoriali di un Paese, sia più importante la rappresentanza che non l’idea. Se prendiamo, ad esempio, la storia che sta alla base dello sviluppo del Veneto, ci rendiamo conto che prima della nascita della Lega Nord, questa regione era emarginata dalla crescita del Nord, principalmente a causa dell’assenza di propri rappresentanti al governo. Da qui la nascita di una propria Lega e il conseguente sviluppo della regione. Questo stesso metodo potrebbe essere adottato anche per la Sicilia dove, allo sviluppo in parte già realizzato, si dovrebbe accompagnare anche una rappresentanza politica che, purtroppo, al momento è assente.
D. Lei parla, quindi, della possibilità di far nascere una nuova Lega, magari questa volta chiamata “Lega Sud”?
R. Io non parlo di un nuovo partito. Io parto dal presupposto che oggi, nella condizione in cui versa l’Italia, con regioni come la Lombardia con un Pil superiore al doppio di quello della Sicilia, il federalismo fiscale non può essere assolutamente realizzato, se non attraverso un legame con il concetto di interesse territoriale. Ad esempio, in Germania, la Baviera, che aveva una rappresentanza insufficiente ad ottenere i risultati a cui ambiva, ha dato vita al cosiddetto Csu, facendo un accordo con la Cdu, chiamato “patto di fratellanza”, in base al quale la Cdu, molto forte in Baviera, non si è candidata, lasciando quindi la possibilità alla Csu di raccogliere i consensi necessari per diventare partito nazionale ed avere, quindi, propri rappresentanti all’interno di ogni governo. Questo in Germania è stato possibile grazie anche alla sua struttura territoriale, fatta di Lander più o meno omogenei, elemento questo che non è possibile ritrovare in Italia, che presenta, invece, forti disuguaglianze tra le sue regioni. Esemplare a questo riguardo è, come dicevo prima, la differenza tra la Lombardia e la Sicilia. Se andiamo a cercare il motivo di tutto ciò, scopriamo che la Sicilia non ha mai avuto una forte rappresentanza al governo. Per cinquant’anni, infatti, l’Italia è stata governata da tre poteri forti: quello economico - industriale del Nord; quello della burocrazia, Chiesa e salotti, presente al Centro; infine, quello della criminalità organizzata, che ha condizionato il Sud, certamente mortificando lo sviluppo, attraverso la gestione dei sussidi a pioggia, per garantirsi il mantenimento del bisogno, grazie anche alla sottovalutazione del fenomeno mafioso da parte dell'allora classe dirigente. Non voglio generalizzare, voglio solo cercare di farmi capire. Ora che le cose stanno cambiando, occorre una scossa, una presa di coscienza coraggiosa di tutta la gente del Mezzogiorno.
D. Cos’è stato a far cambiare le cose?
R. La caduta del muro di Berlino. Dopo questo evento, infatti, la geografia dell’Europa è nettamente cambiata e la Sicilia, che fino a quel momento era stata il principale punto di snodo del traffico internazionale della droga, ha perso questo ruolo, occupato da questo momento in poi dall’Est europeo. La mafia, quindi, perdendo il suo immenso potere economico, non ha più potuto garantire i propri affiliati come faceva prima, pagando gli avvocati e garantendo il benessere delle famiglie. Lo Stato, a quel punto, ha saputo porre in essere un’iniziativa competitiva, intelligente, attraverso l’introduzione di leggi che hanno favorito il pentitismo, contribuendo all’indebolimento della struttura mafiosa utile alla ricerca del voto. Oggi la Sicilia, nonostante il suo tentativo di sviluppo, per riuscire completamente in questa impresa, ha bisogno di fare lo stesso percorso del Veneto. Da qui la necessità della nascita di un partito siciliano che, attenzione, non va ad aggiungersi a quelli già esistenti, ma deve essere a questi collegato, come nell’esempio tedesco. Un partito, insomma, che non avendo una propria forza politica ma certamente territoriale, sia collegato sia al centrodestra sia al centrosinistra per raggiungere l’importante obiettivo dello sviluppo. Se una regione come la Sicilia, che presenta un elettorato pari al 10% di quello nazionale, avesse la forza di blindarsi attraverso la nascita di due forze collocate in entrambi gli schieramenti, riuscirebbe a garantire la crescita di questa regione, attraverso la presenza costante di propri rappresentanti al Governo. Non parlo dei tre ministri siciliani nel governo Berlusconi, a cui sono stati assegnati dei dicasteri la cui importanza è discutibile, tra l’altro, frutto del 61 a zero. Se però era discutibile la sicilianità presente nel governo Berlusconi, è certamente vergognoso che Prodi non abbia neanche un siciliano nel proprio Esecutivo. Un Esecutivo che conta il più alto numero di ministri di cui un presidente del Consiglio possa disporre.
D. Quasi una sfida ai partiti nazionali?
R. Io non so se sia giusto parlare di sfida ai partiti tradizionali. Quello che io voglio far capire è che oggi, se vogliamo realmente realizzare il federalismo fiscale, non possiamo non tener conto dell’esistenza di vaste zone del Paese che è necessario far decollare. Non è possibile parlare di federalismo fiscale fino a quando esisteranno le attuali disuguaglianze tra una regione e l’altra. Se infatti, venisse applicato, l’Italia si spaccherebbe drammaticamente.
D. Lei prima ha fatto un’affermazione importante, ossia che fino al secondo governo Berlusconi, le scelte riguardanti il Sud sono state, in qualche modo, condizionate dalla criminalità. Dal secondo governo Berlusconi in poi, compreso l’attuale governo Prodi, questi condizionamenti non ci sono più stati. Ma se è vero quanto ci dice, ci spiega la condanna per mafia di Dell’Utri che Lei ha definito una grande risorsa per la Sicilia?
R. Io a questa domanda le rispondo con un’altra domanda: come mai l’aggressione a Dell’Utri è iniziata nel 1994 e non prima, visto che i fatti contestati si riferiscono ad un periodo molto precedente? Io rispondo per quello che so e per quello che conosco e posso dire, in merito, che definire mafioso dell’Utri è una cosa ridicola. Mi creda, signorina: per chi lo conosce come me, se non fosse una tragedia ci sarebbe solo da ridere. E posso risponderle così come ho risposto da testimone ai giudici di Palermo: ‘Se un mafioso mette a capo della Sicilia, un proprio uomo come accaduto nel 1994 quando Dell’Utri mi scelse per guidare Forza Italia, questo mafioso passerebbe le proprie giornate a chiedere informazioni, a determinare incarichi, nomine, gestire appalti e quant’altro. Dal 1994 ad oggi, io posso dire senza paura d’essere smentito, che il senatore Marcello Dell’Utri mi ha chiamato una sola volta, quando mi ha chiesto di intervenire per impedire che venissero tolti i finanziamenti all’Istituto nazionale del Dramma antico di Siracusa. Io di mafia così interessata alla cultura non ne ho vista mai. Su questo argomento non ho altro da aggiungere: tragga lei le dovute conclusioni. Mi auguro solamente che il torto fatto a quest’uomo gli venga risarcito in termini di giustizia e verità.
D. Concludendo, Lei è di ritorno da Montecatini. Ci dia una sua impressione.
R. La sensazione che ho avuto io è stata quella di essere stato chiamato, anzi richiamato, come del resto accadde nel 1994, quando fummo chiamati a fondare Forza Italia. La differenza da allora è che oggi Forza Italia c’è già, e questo partito discende, si richiama allo spirito fondativo del 1994. Oggi abbiamo bisogno di un grande partito, capace di creare una grande forza federale che, una volta al governo, possa garantire la crescita omogenea del paese, senza la quale, inevitabilmente, andremo verso il declino e l’oblio. Questo io ho colto a Montecatini: un futuro che richiama le radici fondatrici del nostro stesso movimento”. Anna Taverniti

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ahhhhh adesso capisco....
siete due, tre, quattro... vabbè facciamo che siete tutti diverse faccie della stessa ipocrisia.
siete al soldo di micci.. e di FI...
e bravi e io credevo che foste tutti davvero convinti delle cazzate che dicevate. lo fate solo xkè ci guadagnate!

Anonimo ha detto...

Miiiii non sapevo deltuo Blog.
Complimenti!!!